mercoledì 24 ottobre 2012

I Legumi


I legumi saranno il cibo del futuro


E se per scampare alla fine del mondo bastasse mangiare un legume? Certo, non uno solo e non una sola volta, ma secondo il presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese, i legumi possono essere annoverati fra i “Cibi che cambiano il mondo”, come recita lo slogan del Salone Internazionale del Gusto in corso a Torino dal 25 al 29 ottobre. 

Torna il Salone del Gusto, da quest'anno evento unico con Terra Madre, che nelle quattro precedenti edizioni ha accompagnato con una rilevanza crescente l'appuntamento biennale organizzato da Slow Food. Le due idee di fondo sono d'altronde inscindibili: il mondo del cibo e della gastronomia non possono prescindere da chi lavora la terra, da chi trasforma ogni giorno la natura in cultura. La rete delle comunità del cibo sparse su tutto il pianeta si unisce all’incredibile patrimonio del Salone – produttori, cuochi, esperti degustatori, responsabili di presidio – e lo arricchisce di storie uniche ancorché universali

Per tutti coloro che si interrogano su cibo, benessere e ambiente quello di Torino è un appuntamento imperdibile, dedicato quest'anno ai “Cibi che cambiano il mondo”: un progetto rivoluzionario, che richiede un nuovo modo di pensare, per fare qualcosa di buono per la salute, l’ambiente e il sistema produttivo senza rinunciare al piacere del cibo e alla convivialità. Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia, ci accompagna alla scoperta del salvifico borlotto...
    

“Scegliamo i temi cercando di fare a chi ci visita un racconto coerente nel tempo. Nel 2010 avevamo scelto “Cibo e territori”, perché se dietro il cibo non c'è un'identità territoriale è qualcosa di zoppo in partenza, mentre il territorio si esprime anche attraverso i suoi cibi: un tema squisitamente culturale, alla ricerca delle radici dei cibi per comprendere il loro discorso fin dall'inizio. Quest'anno abbiamo scelto “Cibi che cambiano il mondo” con un passaggio deciso al versante politico: vogliamo affermare che con le nostre scelte alimentari quotidiane possiamo iniziare il cambiamento di cui abbiamo bisogno, soprattutto in questi momenti di crisi. I cibi possono cambiare il mondo e i cibi che raccontiamo al salone sono quelli che maggiormente possono aiutarci in questo obbiettivo”.

Quali sono questi cibi?
“Sono numerosi ma vorrei cominciare con i legumi. Le tantissime varietà della nostra tradizione – così come accade anche in altri paesi: fagiolicecilenticchie – ci consentono di avere una dieta più varia, arricchire il nostro menù, ridurre il nostro consumo di carne sostituendo le proteine animali. In questo modo facciamo del bene alla nostra salute e all'ambiente, perché gli allevamenti mettono grande pressione il territorio, e recuperiamo una biodiversità locale che arricchisce, perché si diversificano le colture e si migliora il paesaggio. Chiaramente non si tratta di un effetto immediato, ma è un buon esempio di come una scelta elementare che non costa di più ci permette di migliorare la nostra dieta e la qualità dell'ambiente e avere un bilancio positivo”.

Il mondo visto da Slow Food è sempre così bello?
“Il mondo visto da Slow Food rivela delle speranze. Non è che non vediamo i problemi, la crisi, le tensioni, però si vedono anche i giovani che vogliono tornare a occuparsi di cibo e fare i mestieri agricoli, piccole comunità che hanno creato progetti geniali, prodotti che hanno rilanciato territori, economie ricostruite in aree prima considerate marginali, aspetti virtuosi della globalizzazione con piccole comunità che dialogano con comunità simili in giro per il mondo. Non ci sono segnali di scampato pericolo ma ci sono segnali di possibilità di farcela, in una rete di alleanze e sussidiarietà. È questo che vogliamo raccontare al Salone e con i “Cibi che cambiano il mondo”: non arriva nessuno a salvarci, ognuno di noi può ogni giorno con la sua forchetta votare per un mondo migliore. Una scelta quotidiana dopo l'altra, una persona dopo l'altra, determineranno il cambiamento”.

Perché nonostante il successo crescente il Salone mantiene la cadenza biennale?
“Proprio perché è uno dei motivi del successo! Portare tutti i contenuti che ci sono, costruire la necessaria rete di relazione, stimolare i produttori e gli addetti ai lavori, dare qualcosa di nuovo a giornalisti e appassionati che vengono da tutto il mondo richiede tempo e attenzione”.
Orgogliosamente Slow anche in questo... 
“Sì, senza contare la voglia e l'attesa che matura in due anni, per fare il punto della situazione su quanto “seminato” due anni prima, verificare come si è proceduto sui diversi progetti e rinsaldare le relazioni costruite negli anni precedenti.

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